PRIMO ANNIVERSARIO
della morte di Don Stefano Varnavà

   
 
Santa Messa in memoria di Don Stefano Varnavà
nel primo anniversario della sua morte
19 marzo 2010 – festività di San Giuseppe

 

 
Omelia di Mons. Leonardo Macchi, parroco fino al settembre 2008 della Parrocchia San Francesco d’Assisi al Fopponino in Via Paolo Giovio a Milano, parrocchia di residenza di Don Stefano.
   

Oggi celebriamo la solennità di San Giuseppe, sposo della Beata Vergine Maria e custode di Gesù. Ricordiamo insieme il primo anniversario della morte di don Stefano Varnavà Guardando alla Parola di Dio che abbiamo ascoltato e anche a quanto si dice di San Giuseppe negli altri vangeli, mi sembra di poter suggerire alla nostra riflessione e alla preghiera questi pensieri.

  1. San Giuseppe è stato un uomo di Dio: sempre attento alla Sua Parola e prontissimo nell’eseguirla, anche quando questa scelta gli procurava dei problemi. Questo rapporto fra Dio e San Giuseppe, come sappiamo, è segnalato nei vangeli dall’immagine del sogno, che è il momento di comunicazione di Dio con Giuseppe. E’ quanto viene chiesto dal Signore anche a noi. Dobbiamo imparare ad essere sempre attenti e concentrati sul disegno di Dio, con la preghiera fiduciosa e rispettosa, l’ascolto meditativo, la forza e la prontezza nell’eseguire l’invito amoroso e armonioso di Dio
  2. San Giuseppe è stato un uomo impegnato nel servire e aiutare gli altri: quanto leggiamo di lui nei vangeli ci dice che la sua disponibilità alla fatica, al servizio e all’aiuto, era sempre pronta e generosa, e non nasceva dall’egoismo personale, dal desiderio di mettersi in mostra, o dalla paura degli altri, ma sorgeva innanzitutto dal desiderio di piacere a Dio e dal bene che voleva agli altri e per gli altri. Anche noi dobbiamo imparare a operare in favore del prossimo e a mettere al primo posto nei nostri rapporti con gli altri il loro bene, non la nostra soddisfazione o l’attesa del riconoscimento altrui verso di noi.
  3. San Giuseppe è stato un uomo che ha amato il lavoro: al punto che Gesù veniva riconosciuto e indicato come il figlio di una persona che lavorava; Gesù “volle farsi chiamare il figlio del carpentiere”, leggiamo oggi nella Liturgia delle Ore. Per San Giuseppe il lavoro è stato un motivo forte di santificazione. E questo insegna anche a noi a trovare nel lavoro una indicazione della strada che ci guida alla santità e non innanzitutto un fattore di arricchimento o di soddisfazione personal.
  4. Queste riflessioni mi fanno anche pensare a don Stefano Varnavà, in cui suffragio, nel primo anniversario della morte, stiamo celebrando questa Messa. Di don Stefano incomincio a ricordare che era molto devoto di San Giuseppe. Ma questo come tanti altri aspetti entrano nella sua spiritualità che è certamente nota a Dio ed è giusto lasciare proprio a Dio di esplorare e valutare la vita interiore di don Stefano. Ma questo non ci impedisce di riflettere a partire da quanto don Stefano ha vissuto e ci ha mostrato. Sappiamo, ad esempio, che don Stefano ha curato molte raccolte di preghiere e molte di queste preghiere erano soprattutto il frutto e la conseguenza della sua spiritualità. Ha composto molti canti per lodare, amare e ringraziare Dio. Pertanto questi lavori da lui compiuti si manifestano certamente come un segno della ricchezza interiore del suo cuore: non avrebbe potuto dare agli altri quanto non avesse avuto in proprio. Ringraziamo il Signore per questa forte sensibilità spirituale, con la quale ha arricchito don Stefano. Anche don Stefano è stato un prete cercato da moltissime persone che in qualche modo avevano bisogno di lui ed egli era sempre disponibile ad aiutarli al di là della fatica. A molte di queste persone certamente ancora don Stefano manca e a tutte loro io dico: invocate don Stefano. L’aiuto che vi ha dato in vita, sicuramente non ve lo lascerà mancare ora che sta accanto al Padre.

Infine anche don Stefano ha amato davvero il lavoro. Diciamo che è stato un gran lavoratore: lavorava di giorno e di notte, nei tempi normali e anche durante i periodi di vacanza. Lavorava soprattutto per la musica, la sua grande passione, quella con la quale “Gesù gli ha sempre fatto compagnia” (sono parole sue); ed era sempre attento per cogliere un’ispirazione, per tradurla in melodia, per comporla armonicamente e donarla al cuore di chi lo voleva ascoltare. In questo primo anniversario della sua morte affidiamolo a Dio che è l’immenso concertatore e l’insuperabile armonizzatore di tutti i cuori, la autentica verità che illumina le menti, la tenerissima bellezza che riempie la vita, l’assoluta bontà che completa la nostra adesione al suo amore. Affidiamo don Stefano con la nostra preghiera alla misericordia del Signore perché lo unisca all’esercito concertante dei suoi Angeli e con loro possa sempre cantare “al Padre, della vita il creatore, al Figlio che si è fatto uomo per noi, allo Spirito che ci fa cantare il cuore, lode e gloria al Signore: Lui è Dio e nessuno è grande come Lui”..


 
Intervento di Don Luigi Bandera, direttore della Villa Sacro Cuore di Triuggio, casa di Spiritualità della Diocesi di Milano, tenuto durante il Concerto dedicato a Don Stefano Varnavà la sera del 19 marzo 2010, primo anniversario della sua morte. Don Luigi è stato caro amico e collaboratore di Don Stefano per molti anni.
 

Don Stefano: suonava e cantava, parlava con il canto, viveva nell’armonia della musica. Perché lui era una persona armoniosa.

  1. Lui si donava cantando. Se prendeva un impegno, lo manteneva, fedele e si sacrificava pur di accontentare; se non c’era un canto adatto alla tua richiesta, te lo inventava lui, parole e musica. Un canto, lui lo pensa, lo scrive, lo suona, lo canta, lo registra, lo stampa, lo gestualizza… Quando accettava un invito non guardava - l’ora: se al pomeriggio, o alla sera, o alla notte - la lontananza: quanti chilometri ha mangiato! - il pubblico: se religioso o lontano o contrario; se bambini, giovani, anziani, suore, preti… - non si fermava neanche di fronte al tipo di prestazione richiesta: Messa o recital, un’allegra serata, un “cerchio di gioia” fra ragazzi o giovani - accettava qualsiasi luogo: cortile, chiesa; all’aperto o al coperto; in un cinema o sotto un portico, l’aula di una scuola; - portava tutto lui: tastiera, amplificatore, altoparlante, fili, prese; libretti o fogietti, fotocopie. Se la cavava sempre: sostituiva facilmente una voce che doveva leggere o anche una che doveva cantare.
  2. Lui curava molto il messaggio, parole e canti l’idea che nasceva dalla testa, la faceva passare nel cuore e usciva talmente ardente che sentiva subito il bisogno di rivestirla, di sonorità e di musicalità, di gestualità. Scriveva lui parole e note: la musica sottolineava il senso delle parole e le parole volavano sulle ali della melodia. Per rendere accettabili messaggi impegnativi e a volte “mordenti”: li avvolgeva di musica. Diventando gradite alle orecchie, le idee penetravano, convinte, nel cuore. Per questo aveva la capacità di interessarti, di piacerti, di rallegrarti e quindi di elevarti, di migliorarti.
  3. Lui, rallegrando, educava. Mentre la musica continua, l’idea che vi è contenuta, diventa tua: e tu, cantando, la esprimi, nella gioia. Quanti corsi per insegnanti, per animatori! Educare sorridendo, cantando. Quando il messaggio è gradito più facilmente lo si accetta. Don Stefano, nel canto ti coinvolgeva tutto: la mente che capiva il contenuto il cuore che amava la verità il corpo che si esprimeva nella voce e nel gesto. E quando termina il canto ti rimane una ricchezza e una luce per la vita. Ti allontanavi da Don Stefano con il sorriso sulle labbra, contento nel cuore, cantando, fischiettando; e ti sentivi la voglia di comunicare una frase, un passaggio musicale; e, se eri sicuro che nessuno ti vedeva, magari battevi le mani e saltellavi un po’.
  4. Lui pregava in musica In fondo, Don Stefano parlava sempre di Lui, cantava Lui, voleva portare a Lui, far innamorare di Lui. “Io ho un amico che mi ama” cantava con noi. “Gesù mi ha sempre fatto compagnia con la musica”. Lui indicava Lui, “quel volto” che tu sempre cercherai, e invitava a seguirLo nella gioia, nella danza, nel canto, con la musica, e nella vita. E occorre seguirLo, personalmente ma anche insieme: la vita non è una nota musicale ma è una sinfonia e tutti insieme, diversi ma in armonia, formiamo la grande Corale di Dio.
 

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