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E’ con commozione che prendo la parola per rivolgere l’ultimo saluto a don Stefano Varnavà. Quel saluto che non abbiamo potuto esprimergli nell’attimo della sua morte.
Lo faccio a nome di tante persone, Istituzioni, comunità, in particolare di quella di Vergiate che l’ha visto giovane prete, di quella di S. Gottardo al Corso che lo ricorda entusiasta sacerdote dei ragazzi dell’oratorio del Gentilino e oggi di quella di S. Francesco al Fopponino, sua ultima destinazione pastorale.
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Il nostro fratello don Stefano è approdato al giorno luminoso e senza tramonto dell’eternità, dove solo uno sguardo che sa vedere oltre l’orizzonte sensibile, intuisce il mistero della sua definitiva comunione con Dio.
Il momento della sua dipartita è coinciso con il giorno in cui la liturgia ci invitava a ricordare S. Giuseppe, un Santo –mi è stato detto- a cui don Stefano era molto devoto, modello di quella santità che spesso sfugge agli occhi degli uomini, ma non allo sguardo “ben più penetrante di Dio”.
Mi piace associare don Stefano nel numero di coloro che faticano nell’ombra, nel numero di quei tenaci e gioiosi protagonisti di un lavoro silenzioso quali oggi sono ancora tanti i nostri preti!
Non è lo splendore delle cose grandi, che può illuminare una persona: ma è la luce interiore che da essa promana che può illuminare anche le cose umili e trasfigurarle.
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Ci siamo dati appuntamento in questa Eucaristia di suffragio, perché –nelle parole della fede- trovi consolazione la nostra mestizia e la certezza della vita che va oltre la morte ridoni serenità al nostro animo.
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Potremmo rileggere la vita sacerdotale di don Stefano alla luce delle tre letture che la Chiesa ambrosiana prevede per le esequie di un sacerdote.
La 1^ ci ricordava l’ultima Pasqua di Gesù: per sottolineare come la Celebrazione dell’Eucaristia è al centro della vita del prete.
La 2^ narrava la morte di Gesù: per ricordare la morte del prete, che come per Gesù è un dono della vita.
La 3^ ci parlava della Resurrezione che ci dona la certezza che un giorno, ogni prova si cambierà in grazia, ogni tristezza in gioia, ogni tenebra in luce, ogni morte in Resurrezione.
Il congedo da un sacerdote, che ha condiviso con noi la fede, diviene allora momento per professare la nostra fede nel Signore.
Siamo qui per dire la nostra certezza di vivere oltre il tempo. Siamo qui per dire che don Stefano –terminata la sua lunga giornata terrena- vive ormai nel Signore. Oggi non è solo giorno di rimpianto di una persona cara, ma è consapevolezza di un legame che sopravvive oltre la morte, nell’attesa dell’incontro definitivo, ultimo, felice con Dio e quindi con don Stefano e con tutti i nostri cari –nel giorno eterno su cui non scenderà mai la tenebra, nel quale non ci sarà più notte, separazione, ma solo gioia e pace.
Una presenza infinitamente dolce e rassicurante è quella di Dio che accoglierà ciascuno di noi, che ha già accolto don Stefano, per una vita che noi chiamiamo eterna.
Non consegniamo al nulla il nostro fratello, ma lo affidiamo alle mani e al cuore di Dio. Questa è la nostra speranza, questa è anche la nostra certezza.
Ciascuno, in questo momento, nel suo cuore deve dire: credo che la vita di Cristo risorto sarà anche la mia vita, credo la vita eterna, credo la risurrezione della carne, credo la comunione dei santi, cioè che tra noi e i nostri defunti permane una meravigliosa solidarietà. Questo estremo congedo diviene per noi un invito a vivere e a preparare bene il momento in cui, anche per noi, si schiuderà la pienezza della vita eterna.
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Questi istanti prima del definitivo saluto – servono a noi per fissare nella memoria e nel cuore alcuni tratti di questo persona cara che è stato per noi Don Stefano.
Ciascuno conserva in cuore -specie i suoi cari- tanti ricordi. Io lo vorrei ricordare così:
Don Stefano è stato un prete comune e insieme singolare ha avuto – come tutti noi – i suoi pregi e le manchevolezze di ogni comune mortale.
Mi ha sempre colpito in Don Stefano la sua umanità. Una umanità affabile, semplice e intelligente. Uomo di tanti legami, dalle tante amicizie, capace di oltrepassare ogni porta, proprio per la sua schietta umanità e pronta amicizia. Delicata era la sua attenzione a chi era nel bisogno -qualunque fosse il campo del bisogno- la fede, l’aiuto economico (quanti poveri hanno perso il loro amico!), il disagio psicologico, l’inquietudine spirituale.
Don Stefano è stato il prete del contatto personale, del dialogo, della disponibilità senza misura.
Don Stefano è stato un Sacerdote che nel servizio alla pastorale ordinaria ha creduto a quella modalità di annuncio del Vangelo che conduce a Dio attraverso la via dell’arte, della musica, della poesia.
Don Stefano ha amato la bellezza in ogni sua forma: la bellezza della natura, del linguaggio estetico e simbolico. E coltivando queste sue innate capacità ha aiutato molti ad intuire e a desiderare Colui che ne è l’espressione massima: il Signore Gesù. Grande è stato soprattutto il suo impegno nel campo della musica sacra: alcuni dei suoi canti sono entrati nel repertorio nazionale e forse anche oltre...
Questa sua passione lo ha portato ad essere amico di noti personaggi del mondo della musica, sempre vicino nelle situazioni brutte o tristi della loro vita.
Sentiva come impegno particolare quello di aiutare ragazzi giovani a progredire nell’apprendimento della musica.
Dentro questa sua ricca umanità si celava la realtà di un prete con la “sua” ricchezza spirituale. Ma sulla soglia del santuario interiore in cui Don Stefano viveva il suo essere credente, il suo essere sacerdote, mi fermo, perché non mi pare giusto approfittare del silenzio che la morte gli impone, per tessere elogi che da vivo egli avrebbe – con dignitosa semplicità – rifiutato.
Il Signore che conosce le profondità del cuore di ogni uomo, conosce dunque l’amore che Don Stefano ha avuto per Lui. Questo amore fatto misericordia lo ha già accolto, nel paradiso , accanto a se!
Don Stefano, è giunto il momento di salutarti davvero: tu prega per noi.
+ Erminio De Scalzi
Milano, 21 marzo 2009 - Chiesa di S. Francesco al Fopponino
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